giovedì 12 aprile 2012

Sandro Negri, "senza titolo"

Autore: Sandro Negri
Tecnica: Ceramica dipinta
Dimensioni: 30x30
Titolo: S.T.
Firmato: Fronte   
Autentica: Dell'artista


Particolare




Sandro Negri, "Cestaio"

Autore: Sandro Negri
Tecnica: Ceramica dipinta
Diametro: 25
Anno: 1998
Titolo: "Cestaio"
Firmato: Fronte 
Autentica: Dell'artista


Particolari



venerdì 6 aprile 2012

Enrico Baj



Enrico Baj (Milano, 31 ottobre 1924 – Vergiate, 16 giugno 2003) è stato un pittore, scultore e anarchico italiano.
Studiò al liceo classico, quindi iniziò gli studi di Medicina, per abbandonarli dopo la seconda guerra mondiale a favore della Facoltà di Giurisprudenza (che completò diventando avvocato) e dell'Accademia di Belle Arti di Brera, che frequentò parallelamente. Baj ha sempre avuto rapporti con poeti e letterati italiani e stranieri ne sono testimonianza la pubblicazione di una cinquantina di libri. Ha collaborato ad edizioni con André Breton, Marcel Duchamp, Raymond Queneau, Edoardo Sanguineti, Umberto Eco ed altri ancora.
Nel 1951 ha fondato insieme a Sergio Dangelo il Movimento della Pittura Nucleare. Nel 1953 insieme ad Asger Jorn il "Movimento per un Bauhaus Immaginista" e nel 1954 partecipò agli Incontri Internazionali della Ceramica ad Albissola Marina presso le Ceramiche Mazzotti insieme ad Asger Jorn, Lucio Fontana, Emilio Scanavino, Karel Appel, Guillaume Corneille, Sebastian Matta, Aligi Sassu, Edouard Jaguer.
Negli anni cinquanta collabora anche alle riviste Il Gesto e Phases. Nel corso degli anni, la passione della scrittura aumenta portandolo alla pubblicazione di numerosi libri tra i quali Patafisica, Automitobiografia, Impariamo la pittura, Fantasia e realtà con Guttuso, Ecologia dell'arte.
Il Surrealismo ed il Dadaismo marcarono profondamente la sua opera, i suoi collage fatti di materiali diversi (medaglie, bottoni, passamanerie, mescolati alla pittura) sono vicini da una parte all'opera di Kurt Schwitters e Francis Picabia, d'altra risentono dello spirito di Alfred Jarry con il suo Ubu Roi.
Mostrandosi sempre attento al messaggio sociale, Baj ha consacrato una grande tela ai "Funerali dell'Anarchico Pinelli", dove riprende le proprie figure ispirate a Guernica ed i propri personaggi grotteschi e da parodia.
Il manifesto ed il bando di gara ufficiali di "San Giorgio su Legnano scacchi" riportano la scultura Gli scacchi dell'artista, da sempre utilizzata a mo' di logo della manifestazione. Baj aveva deciso, come gesto di amicizia nei confronti degli organizzatori del torneo, di permettere gratuitamente la riproduzione della sua opera per pubblicizzare la competizione.
Aderì fin da giovane all'anarchismo e la sua opera è spesso orientata a mettere alla berlina il potere in tutte le sue forme.
Ha inoltre rivestito due delle somme cariche, quella di Satrapo Trascendentale e quella di Imperatore Analogico, dell'istituto di Patafisica Milanese, una sorta di parodia di ogni istituzione occidentale, una specie di collegio accademico dell'ironia e del paradosso che studia "la scienza delle soluzioni immaginarie" nato a Parigi a metà '900 ad opera di intellettuali ed artisti, quali Raymond Queneau e Boris Vian ed ispirato alle opere dallo scrittore Alfred Jarry ed al Teatro dell'assurdo
(Fonte: Wikipedia)

Enrico Baj, "La favorita del presidente"

Autore: Enrico Baj
Movimento: Movimento Nucleare e Futurismo Statico
Tecnica: Scultura in terracotta e ceramica policroma con base in metallo, Bottega Gatti di Faenza
Dimensioni: H 38 cm
Anno: 1992
Titolo: "La favorita del Presidente" 
Firmato: Retro


 Particolari





Retro



Mario Schifano, "Senza titoto"

Autore: Mario Schifano
Movimento: Pop Art
Tecnica: Mista su Foto
Dimensioni: 10x15
Anno: 1990-1997
Titolo: "Senza titolo" 
Firmato: Retro 
Autentica: Certificato di autentica e archiviazione "Fondazione Mario Schifano"


Particolari


Retro


Oleg Sheludyakov, "Phantom of Notre Dame"

Autore: Oleg Sheludyakov
Tecnica: Acrilico su cartoncino
Dimensioni: 50x70 
Anno: 2006
Titolo: "Phantom of Notre Dame"
Firmato: Fronte e retro 
Autentica: Dell'artista


Particolari



Retro


Oleg Sheludyakov, "Mouline Rouge"

Autore: Oleg Sheludyakov
Tecnica: Acrilico su cartoncino
Dimensioni: 50x70 
Anno: 2006
Titolo: "Mouline Rouge"
Firmato: Fronte e retro 
Autentica: Dell'artista


Particolari



Retro


giovedì 5 aprile 2012

Mimmo Germanà


Il nome di Mimmo Germanà (Catania 1944 – Milano 1992) emerge all’inizio degli anni Ottanta con la Transavanguardia, termine col quale il critico Achille Bonito Oliva designa un gruppetto di artisti italiani che rilanciano una pittura di figurazione "calda", visionaria, dai colori fauve, che recupera spunti e citazioni senza progetto anche dall’arte del passato, dopo i "freddi" anni Settanta dell’arte concettuale.
A questo recupero della pittura, con Cucchi, Chia, Clemente, Paladino, De Maria, l’artista siciliano (autodidatta di formazione) partecipa con una personale carica di immaginazione di stampo popolaresco, "ingenuo", con forti cadenze simboliche.
"Una fantasia abbagliante, colorata, rapida, di gialli, rossi, blu" scrive Francesco Gallo, siciliano anche lui, commemorando l’amico morto per Aids a soli 48 anni.
Una sorta di espressionismo mediterraneo, che coniugava il primitivismo delle forme con la carica dionisiaca dei colori intensi e delle materie forti per comporre scene di sentore mitico.
Questa energia fantastica (qualcuno lo ha definito "lo Chagall italiano") gli valse – già nel 1980 – la partecipazione alla Biennale di Venezia.
Nel 1987 viene assegnato il Premio Gallarate a quest' artista dalla personalità complessa, anticonformista e tenace, i cui temi fondamentali sono figure di donne dai caratteristici volti ovali ed incantevoli paesaggi mediterranei, propri del suo vocabolario iconografico.

Mostre Personali:
Galleria L'Attico (Roma,'70)
Galleria Toselli (Milano, '77,'78,'81,'85)
Galleria Pio Monti (Roma,'78)
Galleria Persano (Torino,'78)
 Galleria Mazzoli (Modena,'80,'81)
Galleria Cavalieri(Bologna,'81,'82)
Galleria Advance (Dusserdorf,'81)
Gall.Ariadne (Vienna,'82)
Galleria Giuli (Lecco,'82)
Galleria Antiope France (Paris,'83)
Galleria Ferrari (Verona,'83,'87)
Galleria Barlach (Amburgo,'84)
Biennale (Sidney,'84)
Galleria La Bertesca (Milano,'85)
Galleria Chifel (Genova,'85,'86)
Galleria Studio Kostel (Paris,'87)
Galleria Campanile (Bari,'87)
Galleria Soligo (Roma,'88)
Galleria Roberto Monti (Modena,'88)
Galleria Civica (Valdagno,'88)
Studio Galliani (Genova,'88)
Galleria A. Macght (Paris,'89)
Galleria Free Art (Torino,'89)
Galleria Yesse (Bielefeld,'89)
Galleria Manuela Boscolo (Busto Arsizio,'89)
Centre Culturel Francais (Il Cairo ed Alessandria d'Egitto,'89)
Musèe de peinture et de sculture (Instabul,Turchia,'89)
La Bottega dei Vasai (Milano,'90)
Galleria Mazzoli (Modena,'90)
Artscope (Bruxelles,'90)
Ephemere (Montigny le Tilleul,'90)
De Gryse (Tielt,'90)
Centro Cult. Francese (Damas,Siria,'90)
Delegazione d'azione culturale (Thessalonique,Grecia,'90)
Istituto Francese (Atene,Grecia,'90)
Centro Culturale Francese (Amman,Giordania,'90)
Runsterlrhaus (Graz,'91)

Mostre Retrospettive:
Museo d'arte contemporanea e Fondazioni Orestiadi (Gibellina,1994) a cura di Achille Bonito Oliva
Galleria Boxart (Verona) a cura di Francesco Gallo

Secondo S. Grasso, è il " James Dean dell'arte perché ha sempre optato per una pittura forte..." , mentre per Del Vecchio è " un centauro della pennellata,di un segno avventuroso... " ed A .Bonito Oliva scrive : " un ritmo scorrevole regge la sua pittura , fatto di spessore e pennellate dense, di colori cupi e di materie forti".
(Fonte: http://www.boxartgallery.com/germana.php)

Sergio Scatizzi


Sergio Scatizzi nacque a Gragnano, in provincia di Lucca, nel 1918 e trascorse la sua giovinezza nella campagna lucchese a Valdinievole. Successivamente, seguirono un soggiorno a Napoli, di circa un anno, seguito da un trasferimento a Roma, dove ebbe modo di avvicinarsi al vivace ambiente artistico della capitale, che subito lo attrasse e dove conobbe Mario Mafai ed Antonietta Raphael.
Nel 1938, dopo un primo soggiorno a Parigi condotto nel 1936, si stabilì a Montecatini, dove iniziò ad approcciarsi alla pittura di paesaggi, alle nature morte di fiori e ai ritratti ad acquerello.
Chiamato a servire la patria, durante la seconda guerra mondiale ebbe modo di conoscere Giovanni Comisso, Filippo De Pisis, del quale visitò la mostra alla Galleria Barbaraux di Milano nel 1942, e Giorgio Morandi.
Nel 1943 Scatizzi fece di nuovo ritorno a Montecatini, dove riprese la sua attività pittorica. Al termine della guerra si unì al gruppo dei pittori pistoiesi, esponendo in molte collettive a Pistoia e a Montecatini. Sempre in quell’anno conobbe Ardengo Soffici, mentre in un successivo soggiorno a Parigi, nel 1948, entrò nuovamente in contatto con Comisso e De Pisis. Questa serie di incontri e di viaggi influenzarono notevolmente la crescita della carriera dell’artista, deciso a sviluppare un linguaggio che fosse assolutamente personale, di gusto romantico e più leggero, rispetto alla concretezza di linguaggio tipicamente toscana.
A Montecatini tenne la sua prima personale nel 1949, di soli paesaggi, alla Libreria Ariel, mentre l’anno successivo espose alla XXV Biennale di Venezia. Seguì anche il Premio di Pittura “Bagni di Lucca”, occasione che gli permise di conoscere personalmente Carlo Carrà, presidente di giuria.
Nel 1949 espose per la prima volta a Montecatini presso la Libreria Ariel e in quell’occasione fu presentato da Alfiero Cappellini. L’anno seguente è presente alla Biennale di Venezia.
Dal 1951 si legò d’amicizia con Ottone Rosai, del quale frequentò per molti anni lo studio di Via degli Artisti.
Nel 1955 si trasferisce definitivamente a Firenze dove instaura rapporti con il vivace mondo culturale della città.
Nel 1965 partecipa con alcune opere alla Quadriennale Romana.
Nel 1967 viene insignito del XVIII Premio Internazionale del Fiorino e della Città di Firenze.
L’anno seguente la sua prima mostra americana presso l’Asheville Art Museum, North Carolina (USA).
Nel 1969 mostra antologica alla Biennale del Fiorino.
Nel 1976 viene organizzata una vasta antologica presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara curata da Pier Carlo Santini dove vengono esposte opere fino ad allora rimaste inedite.

Negli anni successivi Sergio Scatizzi si stabilì a Firenze continuando la sua attività espositiva lungo tutta la penisola, fino ad una delle sue grandi consacrazioni avvenuta a Milano, nel 1982, presso il Salone della Galleria Annunciata, dove fu presentata un’ampia rassegna dei suoi dipinti.
Sempre nel 1982 si tiene l’antologica di opere dell’artista in Palazzo Strozzi a Firenze con testimonianze degli anni Quaranta, organizzata da Raffaele Monti e da Alfredo Righi e presentata in catalogo da Carlo Ludovico Ragghianti dove l’illustre storico dell’arte ricostruisce criticamente il lungo percorso di Scatizzi.
Nel 1991 espone "Le carte dipinte" alla Galleria "Moutinas" di Los Gatos, in California, USA.
Nel 1994 espone al Columbus Centre di Toronto (Canada) con prefazione di Antonio Paolucci.
E’ del 1997-’98 la mostra presso la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti di Firenze – Sergio Scatizzi, dedicata al periodo informale con presentazione in catalogo di Antonio Paolucci, Carlo Sisi, Franco Zabagli, Raffaele Monti e Carlo Falciani.
Nel 2006 "Sergio Scatizzi – Immagini" al "Salone delle Reali Poste – Piazzale degli Uffizi" con presentazione di Antonio Paolucci, Ornella Casazza e Raffaele Monti.
Innumerevoli sono le mostre personali e collettive che si sono susseguite nel corso degli anni sia in gallerie private sia in quelle pubbliche in tutta Italia.
Nel 2009 "Il Barocco informale di Sergio Scatizzi" alla Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti Quartiere d’Inverno con Presentazione di Cristina Acidini, Giuseppe Cantelli e Simonella Condemi.
Pochi giorni dopo la chiusura della mostra il Maestro cessa di vivere il 1 dicembre 2009.
Proseguirono i successi segnati da esposizioni e mostre di carattere antologico con lo scopo di seguire lo sviluppo della carriera dell’artista che scomparve nel 2009.
I Paesaggi, i fiori ed i frutti, rimasero per Scatizzi i temi più cari, da lui indagati con la stessa attenzione lungo il corso della sua carriera, attraverso una pennellata rapida e pastosa.
(Fonte http://www.deodato-arte.it/artisti-900/sergio-scatizzi/?gclid=CLrbx7HNma8CFcjO3wodZDVA1Q)

Basso Ragni


Termoli, 1921 - Livorno, 1979
Si trasferì in giovane età a Livorno.
Dopo la seconda guerra mondiale fu attivo come pittore e si mise in luce per le composizioni che investono diversi stralci della realtà.
Il dinamismo dei suoi quadri è frutto di pennellate vibranti e massicce, che talvolta lasciano scoperti tratti di superficie.
La sua pittura si caratterizza per l'uso sapiente dei colori, dispensati da una pennellata che appare a prima vista imperiosa.
Le immagini talvolta sono solo abbozzate, ma quello che più conta è il tenore della rappresentazione che mostra tratti velatamente drammatici, principalmente nella raffigurazione di soggetti come i “Mendicanti” o gli “Accattoni”, in cui il suo impressionismo cromatico si carica di un'espressione più marcatamente angosciosa.
I soggetti sono tra i più variegati: cavalli, saltimbanchi, carovane di zingari, nature “vive” e “morte”.
Dopo la morte una galleria di Firenze gli ha dedicato una retrospettiva, inserendolo così in quei circuiti commerciali che il pittore, in vita, non aveva mai dimostrato pienamente di amare.

(Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Basso_Ragni)

Alvaro Danti

 Alvaro Danti inizia a dedicarsi fin da giovane alla pittura frequentando lo studio di Cafiero Filippelli, attuando una ricerca semplificata nel disegno pur rimanendo fedele alla forte componente coloristica presente nella tradizione labronica.
Danti, partendo dagli studi del Bartolena e attratto dalla pittura del Viani, realizza dapprima una pittura caratterizzata da un realismo dal colore forte e marcato, in seguito, l’incontro con la pittura di De Pisis, che segna e rinnova la sua personalità pittorica, lo avvicina alla pittura informale, in alcuni momenti vicina all’astrattismo. 
Nel 1951 espone alla Galleria Guillaume di Parigi.
Nel 1963 partecipa alla Quadriennale di Roma e alla collettiva ''Otto pittori livornesi a Roma'', organizzata dalla Galleria d'Arte d'Urso.
L’ultima sua lunga stagione artistica sarà caratterizzata dalla ricerca degli effetti della luce sull’ambiente metropolitano, Livorno città di mare, nelle sue rappresentazioni perde le caratteristiche di una città mediterranea e diventa città universale, New York o Singapore, Amburgo o Hong Kong. Città di mare, con gente di mare: marittimi e viaggiatori, folle e confusione, solitudini e malinconie, vengono rappresentate in darsene, sulle banchine, nelle strade, nei mercatini. Paesaggi con costruzioni e figure rappresentate con una essenzialità di tratto e colore in cui l’informalità non rivela ne le caratteristiche somatiche e le costumanze della gente, ne le caratteristiche architettoniche e d’ambiente, che ne specifichino la localizzazione geografica. Il tutto avvolto nelle luci anonime di giornate grigie e piovose, nella nebbia mattutina o al crepuscolo, nella luminosità accecante di una calda estate o nella luce fredda di un tiepido sole invernale.
Danti giunge così ad una raffigurazione di genti e paesi, nonché oggetti o figure, che nella loro essenzialità divengono inidentificabili ed inambientabili e, pertanto, universalmente leggibili.

Mostre personali e collettive dql 1938 al 1983:
- Maggio 1938 - Galleria Mariottini - Montecatini
- Maggio 1939 - Circ. Art. - Arezzo
- Ottobre 1947- Coli. - Parma
- Giugno 1950 - Galleria Masini - Firenze
- Marzo 1951 - Galleria Guillaume - Parigi
- Giugno 1953 - Galleria Masini - Firenze
- Giugno 1954- Galleria Il Navicello - Pisa
- Agosto 1959 - Collettiva - Taormina
- Giugno 1962 - Galleria Durso - Roma
- 1963- Quadriennale - Roma
- 1963 - Comune di Certaldo - Certaldo
 - Dicembre 1965 - Hotel Niagara - Niagara Falls Canada
- Aprile 1970 - Galleria Maestri del Colore - Cagliari
- Ottobre 1970 - Febbraio 1971 - Ottobre 1974 - Galleria Il Navicello - Pisa
- Giugno 1971 - Galleria Artecasa - Pisa
- 1979 - Galleria David - Livorno
- 1980 - Circ. Astra - Livorno
- Luglio 1983 - Accademia d'ltalia - Salsomaggiore

Retrospettive dal 1987 al 1999:

- 1987- Livorno, Fortezza Nuova (patrocinio Comune di Livorno e Assessorato Cultura)
- 1991- Livorno, Circolo Ufficiali Accademia Navale (patrocinio Comune di Livorno)
- 1992- Bagno di Romagna, Palazzo dei Capitani (Patrocinio Ass. Cultura Comune di San Pietro in Bagno)
- 1993- Firenze, Sala d'Arte negozio Richard-Ginori
- 1995- Bologna, Galleria Sant’ Isaia
- 1996- Venezia, Galleria Studio d'Arte Due
- 1996- Cesenatico Galleria Comunale
- 1996- Roma, CASC Banca d’Italia
- 1996- Tezze sul Brenta, Galleria Studio d'Arte Due
- 1997- Milano, Zammarchi Arte Contemporanea
- 1998- Livorno, Fortezza Nuova – Antologica
- 1999- Bologna, Galleria Sant’Isaia

Presenze:

- 1994- Padova, 5a Mostra Mercato d’Arte Contemporanea
- 1995- Firenze, Salone Italiano Arte Contemporanea
- 1998- Gand (Belgio)
- 1998- MIART (Fiera di Milano)

Recensioni tratte dalla monografia dedicata all’opera di Alvaro Danti da Enzo Dall’Olio nel 1993, in occasione della mostra ospitata nella sala d’arte del negozio Richard-Ginori di Firenze (1) e dalla pubblicazione relativa alla Mostra retrospettiva ospitata alla Fortezza Nuova di Livorno dal 22/12/1987 al 10/01/1988:

Saverio Strati
"A dare uno sguardo, sia pure rapido, ai lavori del livornese Alvaro Danti, si rimane subito presi e sedotti della loro singolarità.

Si capisce immediatamente di trovarsi davanti a un artista genuino e a suo modo anche nuovo. In breve, non ci si trova in presenza del solito paesaggista che imperterrito continua l'antica tradizione di questa terra di Toscana sempre ricca di fecondi umori, ma si scopre un pittore di talento.

Un pittore che ha respirato a pieni polmoni lo spirito del suo tempo inquieto e tormentato. E quest'inquietudine e questo tormento vengono espressi dalla pennellata svelta e agitata e dai colori sfumati più che dagli oggetti rappresentati in maniera non descrittiva o illustrativa, ma informale.

Gli oggetti sono presenti nelle opere come ombre spesso vaghe. È l'occhio dell'osservatore attento che deve metterli a fuoco e scoprirne le forme.

Questa collaborazione fra autore e lettore rientra nella poetica moderna dell'arte visiva, ed è ormai patrimonio di tutta la pittura contemporanea europea di cui il Danti è, forse senza neanche averne avuto coscienza, protagonista, o meglio, per essere prudenti, un valido esponente da scoprire e da proporre al vasto pubblico.

Le immagini di svariati soggetti - fiori, vasi, vascelli, scorci di darsene, ombrelloni di bancarelle, case di campagna che appaiono come viste in sogno - sono i motivi più ricorrenti nella vasta opera del Nostro pittore.

Questi motivi, espressi con mano leggera, sono sorretti dalla freschezza e dalla qualità dei colori. I quali vengono accostati e lavorati con sapiente maestria.

L 'osservatore è per prima attratto dal gioco mirabile e dalle sfumature e sostanza della pittura, poi, dopo una riflessione, comincia ad accorgersi degli oggetti che, come creature in divenire (e quindi informali), animano il quadro.

È a questo punto che ci si accorge che le due cose (il soggetto e la pittura) si fondono e creano un'unità che ha il suo indiscutibile fascino; e anche bellezza."


Luciano Bonetti

"Con una irruenta e ben riconoscibile tavolozza, affrontò tutti i soggetti ottenendo il consenso di noti critici ma soprattutto del pubblico, grazie alla netta personalità, al temperamento invitante, al singolare linguaggio.

Operò per un cinquantennio ed oltre, fece parte di gruppi artistici ed associazioni culturali, fu uno dei fondatori e dei fedelissimi del "Rotonda d' Ardenza". Un carattere non facile col quale, possiamo dirlo, "legammo" fino agli ultimi anni.

Quando se ne andò perdemmo uno degli amici più "difficili" ma anche uno dei più generosi e sinceri. Restano i suoi quadri: osserviamoli e vi troveremo valori forse in passato sottovalutati."


Piero Caprile

"Impressionista di geniale abilità, pittura immediata, seguendo il carattere suo di uomo veritiero, silenzioso, partecipando con entusiasmo, profondo alla scala melodica dei valori.

Pittore da sempre senza neppure saperlo, che l'arte del dipingere era a lui di congenita urgenza.

Interiore necessità che lo conclude a sostenere, interrogandolo, la innocente formula: "Non posso stabilire da quando ho iniziato ad usare i pennelli, credo da sempre". Affermazione lapidaria, priva di retorismo come d'altronde era nel carattere di labronica autenticità, e spigliata affermazione nei pensieri in quel suo intimismo di uomo semplice, onesto, appassionato all'arte del disegnare e del dipingere: paesaggi, figure, composte nature morte ed una lirica varietà di fiori, dai timbri immediati, perciò presceglie e fissa la folgorata armonia del soggetto, immediata congenità per descrivere meglio e profondamente l'unità conoscitiva delle immagini in adeguata fantasia estrosa ed a gran voce.

Questa necessità di comunicare con esplosione e disamina lo ha condotto alla genialità di mestiere ed arte insieme quasi di ordine teatrale per la vastità dei contenuti, volevamo dire della fascinosa arte scenografica, ruolo che ha svolto per lungo periodo, prima e

dopoguerra presso gli Stabilimenti Cinematografici "Pisorno"; composizioni di grande elaborazione e testi di significativa unicità e di compiuto effetto, elogiati da De Sica, la Loren, Ponti e Totò, per ricordare alcuni personaggi che avevano avvicinato Alvaro Danti nel suo lavoro di invenzione.

Per questi suoi meriti di artista veniva più volte premiato e inserito nell'albo d'oro dell' Accademia "Italia" per le Arti, Lettere e Scienze, nel corso di una acclamatissima cerimonia a Salsomaggiore Terme (21 Luglio 1978).

Il linguaggio pittorico del Danti, appunto, è nella materia preferenziata dal nostro tempo, di stretto attualismo pittorico e movimento ed organica massa materica di ispessito colore tra solidificate luci a presentare le aggraziate espressioni di valore lirico.

Era una sua scelta morale di coerente continuità che ha saldamente mantenuto nell'intero arco della sua professione: fervore e invenzione che ha stabilito i parametri umani e di artista ad una luce e che ha saputo imprimere alle sue opere sempre e con leale coerenza.

Lo ricordiamo così, nella malinconica, riflessiva e silenziosa sua vita, Alvaro Danti, lucido nei molteplici intenti e sempre contro ogni manierismo".


Nivalco Provenzale

"Spesso la modestia non è una dote positiva per un pittore. Il mondo è vario e ingeneroso: c'è chi la sua merce sa venderla bene, la "moina" dei cosiddetti critici aiuta le voci più alte e il merito viene strapagato.

Ma per un artista come Alvaro Danti la modestia era un dovere verso il grande pubblico, un modo per rifìutare mode, "ismi" e tutto quello che bolle intorno al rubinetto dell' Arte, ormai troppo spesso inquinato non soltanto dalle idee balorde ma anche da certi marchingegni di studio.

Alvaro Danti era onesto per prima cosa con se stesso. La sua pittura era una scelta di vita, di pensiero, fuori da ogni schema preordinato. Non accettava di seguire la corrente, tutto qui: la sua era una pittura veramente libera, lontana anni-luce dalla tradizione fattoriana.

Dipingeva un "moderno" fatto di colore intenso e di sfumature ottenute nel pieno rispetto degli accordi cromatici. Paesaggi, nature morte, composizioni, fiori, tutto nasceva rappresentato sul piano della verità, ma l'oggetto era visto e interpretato dall'innato talento di Alvaro Danti.

Una scelta di colore e di luce, senza i trucchi del preziosismo ad ogni costo. Vedere dipingere Alvaro era più che una scoperta. Fissava la costruzione dell'opera esclusivamente sul colore e l'intuito, non aveva ripensamenti, raramente faceva correzioni. Per lui era tutto chiaro dal momento in cui aveva scelto il soggetto e l'ora della sua realizzazione. La luce era determinante e lo guidava, i preziosi suggerimenti di un raggio di sole su una foglia, sulla ghiaia di un vialetto, di un ramo...

Ora di lui restano le molte opere alle attaccaglie nel salotto buono di tanta gente. Case di Livorno ma anche di Firenze o di Roma, un po' ovunque in Italia e qualche bozzetto ha preso la via dell'estero.

Ma Alvaro Danti meritava molto di più nella scala dei valori della pittura labronica e nazionale. In certi freni ha giocato il suo carattere schivo ad ogni compromesso e la grande modestia che lo ha sempre guidato in ogni manifestazione alla quale partecipava, sia collettiva, sia privata.

Ora, però, questa sua Mostra retrospettiva alla Fortezza Nuova di Livorno deve portare alla riscoperta del valore esatto dell'artista, al giusto riconoscimento della sua lunga opera, che insieme ad altri puri Artisti ha dato lustro a un’intera città.
 

Enzo Dall'Olio
"Appunti da un'intervista.

... Un fatto particolare, come ha fatto a raccogliere tante opere di questo pittore, come l'ha scoperto?
Una volta passando per via del Sole (Firenze), subito dopo la guerra, vi erano dei rigattieri, vidi un quadro per terra, mi avvicinai, non c'era firma ma solo una "t", domandai il prezzo - qualche migliaia di lire lo comprai e lo portai a casa, perche mi dava un'emozione.
In quale anno avveniva?

Nel '50; è un po' differente da quelli più noti, ma si vede già la "zampata" del grande artista.

Così cominciai a conoscere il pittore; c'era della gente che girava con questi quadri, che allora costavano poco, ma mi piacevono e allora ho ceduto opere di altri autori e così, come vanno gli alianti senza motore, mi sono autofinanziato.

Prendeva quelli che costavano poco, però sentiva che avevano del valore?

Sentivo che avevano del valore; dopo, quando ne avevo già diversi, ho cercato di vedere se fosse stata un'infatuazione, la mia, per le opere di questo pittore che ancora non conoscevo.

Sapevo che era livornese, ma con meraviglia notavo che le sue erano delle creazioni originali; mi stupivo che i suoi concittadini, quando era in vita, non avessero com-preso la sua straordinaria grandezza artistica, ma Lui non era di moda, aveva uno stile proprio, inusuale per i Livornesi, e questo, per Lui, non fu una gran fortuna dal lato commerciale; contentò però, dei veri amatori.

Ma come ha fatto a raccogliere tutte queste opere ?

Ho rinunciato a certi altri piaceri, ho smesso di fumare e ciò che risparmiavo mi permetteva di comprare quadri che mi piacevano.

... E adesso mi interesso a fare questa mostra retrospettiva, non finalizzata alla vendita; un giorno che costeranno di più guadagneranno le mie nipotine che sono ap-passionate d'arte tutte e due.

Sa, la passione per l'arte non è stata tutto merito mio.

C'è una componente familiare ?

Sì, nel '700 Egidio Dall'Olio era il braccio destro di Piazzetta e suo figlio Bartolomeo era un pittore di genere per chiese - le uniche che compravano - poi nell'800, da parte della mamma, il Cima.

Ma Danti faceva disegni, acquerelli ?

Ha fatto anche quello, ma poco. Lui faceva la pittura che sentiva, era uno spirito eclettico, non era venale, e aveva tranquillità familiare.

Si, non avere bisogni immediati per fare "cose così" per guadagnare soldi è importante!

Comunque, quando Ponti veniva a Livorno, Lui andava a fare gli schizzi per le scenografie a Pisorno.

Danti non era scoraggiato - questo ci terrei a dirlo - Lui sapeva di valere!

L 'autore lo sa sempre!

Senza darsi delle arie mi diceva: "un giorno mi conosceranno, vedrà dottore, vedrà, un giorno, la soddisfazione che avrà".

Sì, un autore autentico lo sa, sa da se il suo valore!

Io vedevo una specie di corrente elettrica che, dal cervello attraversava il braccio e andava a finire nei pennelli, una simbiosi fra cervello e pennelli, creava l'immagine.

Finalmente è scoperto da un pubblico nuovo non viziato dalla cultura sofisticata e sempre alla ricerca di idoli e formule che durano fino a quando il mercato li sostiene. Danti è stato il più incisivo a realizzare l'assillo di Manet, riuscire a rendere l'istantaneità (il momento fuggevole)... È fantastico però. Ma chi ha passione do-vrebbe vivere di più, due o tre generazioni!

Mille anni?

Ma certo, anche mille anni!

Ma, se è un autore importante, lascia l'opera che viene letta.

Ma quello che è bramoso della conoscenza vorrebbe vivere di più, per conoscere di più..."


Gino Gentile

"Nel contesto pittorico dell'espressionismo, l'opera di Danti sembra uscire da schemi usuali per una sua personale originalità inventiva sia formale che concettuale. Danti era di Livorno: la terra dei macchiaioli e dei postmacchiaioli, dove questa ricca esperienza della storia artistica è stata sfruttata sino al manierismo più banale. Fattori è diventato simbolo d'una grande scuola, ma anche d'una facilità di lettura e imitazione che ha portato inevitabilmente alla decadenza. Lo stesso è accaduto per gli impressionisti francesi, per Rosai, per Picasso e il cubismo, per gli astrattisti Mondrian, Kandinski, Pollock, per l'espressionismo di Munch, Ensor, Kokoschka, ecc.

Si sa che quando un artista manca d'una spiccata personalità, tutto si riduce a copia, a seguire una convenzionalità di idee e tecniche. Danti, forse perche non costretto da necessità contingenti, ha cercato, relativamente alla propria cultura e capacità, di risolvere il problema interpretativo con una certa autonomia, con una particolare e inconfondibile stilizzazione che lo differenzia da moduli pittorici generici. Teso alla sintesi e all'essenza della materia, a tonalità prevalentemente fredde e non rutilanti (bianchi, grigi, neri), l'oggetto nella tela di Danti perde la corposità reale, diventa quasi "astratto", evanescente. È indubbio che questa metamorfosi formale rientri nel carattere introspettivo dell'autore.

Psicologicamente egli è portato a staccarsi dalla violenza reale, così dalla luminosità, e a ricrearla con uno spirito riflessivo, malinconico, cercando più le sfumature, i contorni delle "cose" che l'appariscenza, la crudezza dell'immagine.

Gli effetti sono un onirismo crepuscolare, un ermetismo di dissolvenze e vaporosità cromatiche. Un'antitesi certo fra il realismo primitivo d'un Fattori o d'un Lega e queste tele di Danti pressoché indefinite, in cui linee, segni grafici e colori accuratamente studiati e composti acquistano una dimensione irreale, una purezza primordiale. I fiori, le marine, le darsene, le case, ecc., nei suoi quadri sono solo simboli, ricordi, segnati come graffiti antichi, annotati in un diario intimista".


Giovanni Graziano

"Opere di un'istintiva e immediata, quanto enigmatica attrazione.

Visioni di atmosfere magiche, contemplative, da osservare con attenta ammirazione, alla ricerca del mistero rappresentato.

Immagini suggestive, fantasiosamente irreali, create da macchie di colori puri che emergono da fondi monocromatici o che, come in una esplosione, fuggono freneticamente in ogni direzione da illuminare e valorizzare.

Colori di un dinamismo magico, in continua mutazione di forme e cromatismi, pronti a rivelare nel tempo, oggetti e creature in continua trasformazione.

Quadri che offrono un'occasione di stimolo all’indagine visiva dell’osservatore attento alla ricerca del tempo e dell'azione rappresentata, cercando nella memoria del proprio vissuto e nei sogni della propria fantasia.

Opere volutamente incompiute che trovano la loro risoluzione nel tempo e nel soggetto che osserva, seducente fascino del continuo divenire, valore emblematico della pittura del Novecento".

(Fonte: http://www.firenzeart.it/artisti/dantialvaro/)

Antonino Caracciolo


Antonino Caracciolo nato a Reggio Calabria l'8 aprile 1935.
Per approfondire i suoi studi, si trasferisce nel 1957 a Milano dove frequenta l'Accademia di Brera. A metà degli anni '60, si dedica alla ricerca di una personale tecnica coloristica. Approdando cosi al filone cromatico che gli fa ottenere vasti consensi di critica e di pubblico grazie alla sua tecnica mista (un impasto ottenuto con l'ausilio di colori ad olio, stucchi e vernici sintetiche con il quale raggiunge un eccellente valorizzazione della materia). Questo lungo periodo di lavoro a spatola non gli impedisce tuttavia di dedicarsi saltuariamente ai lavori ad olio cui ritorna, in maniera quasi esclusiva, verso 1973. Ha realizzato numerose sculture sia in terracotta che in bronzo.
(Fonte http://www.antoninocaracciolo.it/biografia.html sito dell'artista)


"Caracciolo ha saputo mantenere la sua tavolozza calda e viva come la sua natìa Calabria. I suoi toni rossi vermiglio che spiccano nelle sue ultime tele ricordano con nostalgia il sole caldo bruciante delle campagne. Artista semplice e puro che con cocciutaggine si mantiene sulla scia figurativa e senza imbrogli e false presunzioni si limita a vedere, assorbire e trasportare sulle tele í suoi pensieri quotidiani che in una città come Milano non mancano mai. Uno scorcio di via, case nelle campagne, operai che lavorano nei campi, questi sono i suoi temi e íl Caracciolo con una pittura così figurativa, ma oserei dire quasi gestuale, tracciata a volte con rabbia, sciorina sulle tele e pensando al bel tempo passato fa della pittura una sua ragione di vita. Caracciolo è un puro e, mentre oggi tutti i grandi o piccoli pseudo maestri arricchiscono le gallerie con le loro opere pseudo intellettuali, Lui dipinge".
GRASSI

"Sua prerogativa è di non discostarsi mai dalla realtà che lo circonda: riesce così a fissare sulla tela, con l'ausilio d'eccellenti impasti coloristici, aspetti pienamente dotati di virile forza espressiva. Caracciolo sente profondamente la bellezza delle vecchie mura meneghine e la nota poetica che trasuda dalle umili vestigia dei tempi andati: la sua origine calabrese si esplica aggiungendo alla poesia della Vecchia Milano la cruda forza meridionale che egli immette nella sua tavolozza arricchendo cosi di vivida espressività, il tema da lui preferito: -vecchi rioni cittadini-. Il Caracciolo perfettamente coerente col proprio -io- di uomo attento alle realtà della società moderna, affronta temi scottanti come quello del lavoro e ne coglie gli aspetti più patetíci per poi trasportarli sulla tela; esemplificativa la sua opera -le mondine-. Antonino Caracciolo non va alla ricerca di forme astruse e di tentate innovazioni artistiche, in quanto ritiene -giustamente che la sua pittura deve essere aderente alla realtà ed alla bellezza dell'immagine e per questo la sua ricerca è maggiormente rivolta verso nuovi effetti coloristici che esaltino sempre piu compiutamente i soggetti, esempio vivissimo sono le sue nature morte dove, forse ispirato dal tanto amato Andrè Derain, con rara efticacia coloristica, esalta la materia strutturale. Una pittura quindi quella di Caracciolo, di pregevole efficacia cromatica, esaltata che viene consolidata da una tentatica di rilevante espressività e da una buona impostazione del disegno, una pittura significativa della sensibilità dell'artisfa e della sincerità dell'uomo Caracciolo".
A. MORANDI

"Modernítà di Antonino Caracciolo
Osservando le opere di Caracciolo ci si limita ai "punti" di presenza di maggiore importanza, giacche è impossibile tracciare in questa pagina anche un punto dell'attività dell'artista, tanto essa è densa: dai suoi studi di pittura degli anni 50 in poi. A mio avviso si dovrebbe pubblicare più di un'illustrazione di diverso carattere formale, per dimostrare di acchito due posizioni figurative dell'artista "il paesaggio" che indica interesse dell'operatore verso un certo paracubismo, molto scandito, limpido verso un certo passato del pittore e "significativo dell'immagine" dipinto di tensione moderna, con gli ornati realizzati con due "fuggevoli" orme umane, nelle quali si diversifica l'ombra del busto maschile e femminile: che sono i termini del problema del pittore, termini stanti del binomio uomo-clonna. L'artista è ora portato allo studio e alla resa psicologica dell'uomo, all'immagine di fantasia di due esseri umani, uomo e donna attorniati da simboli che scaturiscono dai concetti che il pittore relatívamente alle vicende di un mondo tecnologico e per altro colmo di fatti drammatici. ll segno sostiene la pittura, essendo Caracciolo molto abile non solo dal punto di vista delle forme, ma anche da quello della coloritura e dallo spirito diciamo metafisico, che dalla tavolozza dell'operatore traspare con le tonalità assai fini ed espressive: come il rosso dei fondi di talune opere sue.
Questo nitore tonale cui si accompagna altre tonalità appartenenti alla personalità dell'artista, personalità insite, del resto, delle geometríe che prendono parte totale o parecchio dominante nei quadri ideati a nuovo da questo artista: tutta inventiva e protesa dell'animo verso un qualcosa che, sotto sotto, attiene alla simbologia di attività umane, specie in quel "mistero" della tecnologia più avanzata spaziale o spazialeggiante. La pittura di Antonino Caracciolo attira l'attenzione dell'astante per la sua originalità, per la dirittura delle visioni, per i loro sottintesi di carattere simbologico (come già dicevo) essendo le opere, alle quali pone mano l'artista , dichiarative alle loro illusioni tematiche, stilistiche, perché la pittura della quale si sta trattando è retta da un sottile, oltre che strettamente individuale, distinto anche in materia qualititativa per le risoluzioni delle invenzioni di questo rafiinato dipingere".
URSULA PETRONE

"Nato in quello di Reggo Calabria che un tempo fu perla della Magna Crecia di Pericle, dalla storia della sua terra ha tratto il vigore delle composizioni e da quel mare iridescente che la lambisce, la freschezza della tavolozza. Semplice, modesto, di poche parole, Antonino Caracciolo a stento si lascia convincere a far mostra dei suoi quadri: perché dice, non è mai soddisfatto: merito, questo, di chi è conscio di quali asperità e rischi seminata la strada dell,arte e di quali responsabilità occorre assumersi quando si punta alla estrincazione della verità dello spirito. Dedicatosi giovanissimo alla pittura e quasi in segreto, trascorreva quegli anni tra i calchi ed i cavalletti delle scuole d'arte tutto apprendendo e tutto approfondendo. Ma al suo spirito insaziabile quell'apprendistato non sembra adeguato a concretare le sue aspirazioni. Occorre andare oltre, superare tutti gti scogli della tecnica e affinarsi nel mestiere. E' così che nel 1960 giunge a Milano e si iscrive All'Accademia di Brera ove, completa la preparazione, ne esce pronto a cimentarsi nell'agorà degli artisti e a dare nuova vita a quel germe creativo che aveva cosi a lungo covato in seno e che doveva determinare l'indice della sua personalità. Negli anni settanta Antonino Caracciolo non è più uno sconosciuto: egli si è gia conquistato un posto di rilievo nelle competizioni artistiche. Bandita la preordinata descrizione del soggetto, ritenuta assurda e filistea, la sua opera si distingue per carica emotiva e impeto lirico. La sua fatica non conosce pause. Ed è tutto un fiorire di opere dalla tematica più varia: nature morte, figure, paesaggi, ritratti, composizioni che la critica segnala ed elogia. Quello di Caracciolo è un mondo palpitante fatto di ritmo compositivo e di architettura dii volumi vivificati da superfici campite di vibrante cromatismo che lungi dall'essere edonistico, con passaggi che vanno dal tenue al violento può trasmettere ora le dolci emozioni, ora le passioni accorate, ora l'amarezza inconsolata. E il contesto pittorico è ridotto all'essenziale, quasi alla sintesi, cosi da confermare come l'indomita aspirazione dell'artista sia sempre orientata a più elevate  conquiste estetiche. Un giusto riconoscimento vada al talento di Antonino Caracciolo che sa infondere nelle sue opere quell'elevato patos cli cui e per cui l'arte trova la sua estrema ragione d'essere".
FRANCO SAPI

"Antonino Caracciolo trae dal paesaggio l'anima della terra, fa gli alberi stilizzati, graffianti, arabescanti, in modo da sintetizzare umori, tensioni irradiazioni che s'accordino con l'ambiente ritratto. E' un modo per far emergere sensazioni riallacciandosi alla ricerca oggettuale. I bianchi gessosi, i marroni ed i bruni equivalgono ad una presa di coscienza emozionale che stempera nel colore l'uggia invernale, il triste condizionamento dei giorni plumbei saturi di pioggia. Manca nel paesaggio la figura umana, ma è come se vi fosse. Questi termini conflittuali danno la misura in cui la materia ha sommerso l'immagine, la pienezza espressionistica inventata per rendere il vero aspetto della natura, in un atmosfera rarefatta, in cui la pianta spunta in un contesto pittorico dibattuto tra il pessimismo e la rinascita spirituale. La pigmentazione degli arbusti, i gialli limoni spremuti dalle cromie piene e talvolta emblemaliche, vogliono appunto porre l'accento la proiezione di un essere solitario sul mondo illanguidito dalla nevrosi e dalla disperazione atomica. Accanto a paesaggi quasi surreali, spunta felice una coppia, ripresa nell'atto frugale del pasto, stretta, coagulata in un punto focale, accentrata in un'espressione. Pittore dibattuto in un'intima ricerca nutrita di fetici spunti articolati che riprendono con dibattuta movenza voltare fatti della realtà, come se la vita fosse un lungo autunno fatto di speranze e d'attese, di snervanti attorcigliamenti, di sentimenti controversi e d'appassionate ricerche interiori".
ANTONINO DE BONO

"La prima impressione che abbiamo davanti ai dipinti dell'artista calabrese Antonino Caracciolo è che in essi convergano due valori del suo linguaggio: la vibrazione poetica e la drammaticità espressiva. La verifica ci viene da questa mostra personale con lavori recenti, in prevalenza, della sua creatività: quadri e sculture. Nato l'8 aprile 1935 a Reggio Calabria, trasferitosi giovane, nel 1956, a Milano, frequenta poi l'Accademia di Brera. Da allora la sua attività di pittore e scultore è andata dilatandosi negli anni all'interno di una figurazione poetica ed esistenziale, nutrita da contenuti, dalla verità dei sentimenti. Mostre personali e partecipazioni a rassegne nazionali non hanno fatto che affermare la sua personalità. Gli sono stati assegnati premi e riconoscimenti (fra i quali due Ambrogino d'argento del Comune di Milano). Manifestazioni  presiedute da personaggi della politica e dello spettacolo (Aldo Aniasi, Paolo Pillitteri, Mike Buongiorno, Pippo Baudo) che sono una conferma dell'impegno umano ed artistico che sorregge il temperamento di Caracciolo. Guardando le sue opere si vede subito che dietro c'è un artista intuitivo e c'è un uomo di un'autentica emotività. Pregi che percorrono, infatti, i diversi temi (figura, paesaggio, natura morta, fiori) come componenti essenziali della sua espressivirà. Dai solari paesaggi del sud a quelli della Lombardia e del Piemonte, di una luce più sfumata la vena lirica di Caracciolo ha messo in risalto le qualità espressive che possiede per interpretare la realtà ed i suoi misteri. Vegetazioni, terre, cieli accesi dai verdi e dagli azzurri e il profondo blu estivo del mare del sud, assieme ai pulsanti bruni giallo-oro dei campi di grano con i contadini che lavorano, si alternano appunto a vision di collina, montagna, di nevicate, di alberi spogli oppure ad una Venezia lagunare  sentita in una nostalgia del tramonto con i suoi riflessi e colori cangianti. Anche i romantici Navigli e i meneghini, affascinanti scorci della vecchia Milano sono stati ricreati "dall'anima meridionale" di Caracciolo. Bisogna dire che i "paesaggi" sono interpretati e trasformati dalla sua sensibilitià, dai suoi stati d'animo, con una forte vitalità: non solo nei significati ma ugualmente nelle forme. E in tutto ciò il colore diventa un protagonista che si dirama nella gestualità dei segni e nei battiti densi, viscerali dell'impasto (dalla spatola al pennello, dall'olio alla tecnica mista). Una drammaticità linguistica che si manifesta, con identica forza, nell'esaltazione umana, provocatoria ed espressionistica delle sue figure, dei suoi ritratti, che costituiscono l'altra dimensione fondantentale della sua ricerca pittorica. I personaggi" di Caracciolo (dal bambino alla donna, all'uomo) parlano direttamente al cuore. Vivono una tensione interiore fatta d'amore, di sogni e di speranze ma rilevano anche le cicatrici del dolore. Sono essi provati dalla vita, avvolti da un silenzio che comunica, che dice molto di più delle parole (in questo senso, come esempio, nominianto il commovente e tragico quadro "il terremoto del Friuli", del 1977 opera premiata al milanese Hotel Hilton. Parlando ora delle scutlture di Caracciolo, notianto che hanno lo stesso vitalismo che caratterizza la sua pttura. Lo vediamo appunto in questi volumi di un realismo espressionista, di immediata comunicatività, rivolto ai sentimenti e non ai "cerebralismi". Dal fresco "ritratto di ragazza" a quello delle "ragazze" (creta cotta) al "ritratto del padre" a quello del "suocero" (bronzi): dalla umanissima "maternità" nel suo simbolo di tenerezza e amori materni alla tipica figura del "minatore" (creta cotta). Possiamo affermare, insomma che, Antonino Caracciolo è un'artista che crea ciò che sente nel profondo, ciò che arriva a scuotere isuoi sentimenti. Il suo mondo poetico sembra infatti, un "diario di sentimenti"
PEDRO FIORI

"Antonino Caracciolo, pittura e scultura come vocazione

Pittore e scultore, Antonino Caracciolo (1935), è una personalità eclettica e autonoma nell'ambito della pittura, artista ormai affermato e di maturata esperienza. Calabrese di nascita, raggiunge Milano dopo la metà del Novecento e all'Accademia di Brera completa la sua preparazione artistica di vocazione e di autodidatta. L'artista ricorda che anche Sozzi Alessio, maturo maestro d'arte toscano lo indirizza al gusto e alle tecniche del mestiere. L'affermato e giovane scultore Triglia Francesco, autore di un celebre monumento a Mestre, indirizza Antonino Caracciolo a entusiasmanti esperienze scultoree di alcuni ritratti e busti in creta e in fusione di bronzo. Antonino Caracciolo, dotato di particolare creatività, dopo un inizio di pittura impressionista ed espressionista, con un figurativo di personaggi e ritratti, affina in numerose esperienze artistiche, gusti, sensibilità e tecniche. Negli anni '70 consegue significativi riconoscimenti in esposizioni, concorsi e trofei di rilievo nazionale e internazionale. le opere di Antonino Caracciolo si collocano, come meteore, nell'universo di prestigiose collezioni d'arte contemporanea. Caracciolo, personaggio riservato e schivo alla grancassa è andato avanti sempre per la sua strada, fermo nelle proprie convinzioni, senza lasciarsi influenzare dalle mode. La sua pittura, cromaticamente accesa di luci e di colori si esprime e si rinnova in molteplici forme della sua Calabria. Le composizioni di Caracciolo riescono a fondere, in un contesto stilisticamente organico, tante diverse emozioni, tante variate tonalità compositive, tante differenti atmosfere ambientali, di memorie sensoriali. Caracciolo si dibatte in una continua ricerca emotiva, sensitiva, formale, spirituale. Affronta anche tematiche collettive socioumanistiche: ricordi dei campi di sterminio e della terra natia di una coppia uomo-donna; una donna con cappello sul fondale quieto di una marina con barca a vela (simbolo spesso ricorrente); una fabbrica, operai e il loro gioco a caret nel tempo libero; un piano bar; la natura incontaminata di un bosco e lo scempio edilizio prodotto dall'uomo. Tutti simboli semplicisti del mondo in cui viviamo. Nel decennio di passaggio tra i due secoli, Antonino Caracciolo matura un rinnovamento pittorico ispirato all'arte di Mario Tozzi, operando un innesto surrealista e metafisico alla
propria pittura, sempre di particolare sensibilità cromatica. Frammenti, dettagli, sensazioni di vita percepiti con accentuazioni cubiste che diventano chiavi di lettura del mondo quotidiano circostante. Pittura gradevole, ricca di fermenti, di enunciazione, in atmosfera di effetti che catturano l'attenzione dell'osservatore. lnvenzione
e capacità di affrontare i temi tratti dalla propria immaginazione. A modo suo, Antonino Caracciolo enuncia e porta al nostro immaginario la sua sensibilità iconografica. Un talento su cui puntare".
ERMANNO SAGLIANI

"Va ammirata nel paesaggio di Caracciolo quella forma impressionística attinente alla perenne nobiltà del tutto e al relativismo assoluto dei rapporti reciproci degli oggetti, contenuto a nostro avviso, nel significato nuovo che assume la luce; la luce vale a dire intesa non come elemento dinamico dell'immagine ma come simbolo palpabile della realtà. ll fatto tecnico, nelle opere d'Antonino Caracciolo è già espressione di una personalità compiutamente determinata, in cui la vivacità delle intonazioni cromatiche si allea con la squisitezza delle notazioni naturalistiche risolvendosi in ultima analisi in un originalissimo e felice timbro espressivo. Nelle figure invece vanno evidenziati i valori propriamente formali e quelli sincerano sentimento della dignità umana, da cui l'artista sa trarne intelligentemente un motivo di trasfigurazione poetica, anche in quei contenuti sociali ove balza l'immediatezza dell'evento molto drammatico".
VINCENZO CASTELLI

"Non è facile delineare lo sviluppo della personalità artistica di Antonino Caracciolo per chi ha avuto la ventura d'imbattersi, di recente e a sorpresa, con le sue opere. Altri prima di questo nostro incontro con la sua arte ne hanno mostrato, con certezza, il lavoro tenace, appassionato e silenzioso di un artista d'origine calabrese che ha iniziato, con grande e meritato successo, la sua avventura nella capitale dell'arte. Per noi che operiamo da molti anni negli ambienti della pittura, lo ripetiamo, Caracciolo rappresenta una sorpresa e una grossa lacuna da colmare nel nostro itinerario critico. Le forme in cui si realizza il suo mondo poetico sono in rapporto con le esigenze del suo spirito di meridionale, e quindi sono legate alla formazione del suo gusto e con tutto ciò che un tempo aveva suscitato immagini e fantasmi simili a presentimenti della disperata condizione esistenziale della sua gente. Ora immagini e fantasmi, per merito dei suoi dipinti , acquistano un aspetto universale e riaffiorano dal suo cuore come figure e sfondi di un'amara terra, saturi del mistico senso d'un rapporto occulto tra l'uomo e le cose, espresse con una forte carica d'eccitazione e una varietà di riusciti e nostalgici temi. Caracciolo infatti puntualizza bene il tema del suo racconto pittorico che pone al centro di una narrazione mescolante la vita con l'arte, con violenza di visione e con una ricerca d'accesso e incisivo stile. lnoltre la necessaria deformazione oggettiva trasmette la tensione psicologica dell'artista, pertanto in ogni dipinto c'è sentore di antica rinuncia e di un senso del tragico, del fatale, dell'atavico, della rassegnazione o della speranza. Pura la sua opera portata a termine resta incrinata dalla partecipazione sentimentale, per cui le memorie di personaggi e di scenari hanno il sapore di un'autobiografia registrata con la spatola, coi colori e con lo stato d'animo di chi si muove fra Scilla e Cariddi, ed ha il pregio di farlo con profonda umanità. Questo è il punto in cui la paradossalità dell'esistenza tocca per merito dell'artista il limite massimo della tensione. ll circolo dell'esistenza si viene cosi a chiudere, rapportando la creazione pittorica con la trascendenza e con la vita sfessa dell'artista: l'uomo per Caracciolo è l'essere che cerca il suo essere".
ELIO MARCIANO'

"Osservare le opere di Antonino Caracciolo (nato l'8 aprile 1935 a Reggio Calabria) significa confrontarsi con una duplice realtà, resa concreta dal netto contrasto tra luce e ombra che viene personificata nella penetrante espressività impressa negli sguardi delle sue figure che fissano un punto nell'infinito legandosi a un'ansia e a un senso del tragico. L'artista utilizza un accostamento di colori caldi e freddi creando un forte distacco e negando così alla tela la presenza di un colore primario. A Caracciolo non interessa la luce come elemento dominante sulla tela, ma solo come strumento delle sue composizioni, dalle figure femminili, dai paesaggi e dalle nature morte, trasmettendo un senso di ricerca continua. L'impatto immediato che l'artista fornisce all'istante è nel colore espresso con un vigoroso timbro coloristico ora vivace ora illanguidito. Non vi è spazio per gli elementi decorativi ritenuti superflui, l'essenzialità della sua pittura invade la tela per catturare l'attenzione sul profondo significato delle tematiche affrontate che vengono esaltate da quel segno sottile nero che regge l'intera opera".
MATTEO ARCODIA

Oleg Sheludyakov


Oleg Sheludyakov è un artista nato a Akademgorodok, una piccola città scientifica nei pressi di Novosibirsk (Siberia), nel 1971 che da anni vive e lavora a Nizza.  
La sua infanzia, del tutto normale, non si scosta molto da quella dei suoi coetanei cresciuti in quella zona di Russia dove l'università e la scienza hanno dato lustro a una terra poco generosa.
All'età di 17 anni inizia il suo percorso di studi in Architettura presso la "Novosibirsk Engineering Institute". Nel 1995 consegue la laurea in "Philosophy and Humanities" alla Novosibirsk State University, una delle più prestigiose del Paese. 
Terminata l'università decide di dar seguito alla sua passione per l'arte iscrivendosi nel 1996 alla "Novosibirsk Fine Arts and Architectural Academy" dove segue corsi sulla pittura monumentale. L'anno successivo, conseguito il diploma, frequenta seminari di disegno alla "Fine Arts Academy" di San Pietroburgo.
Dal 1997 Sheludyakov decide di dedicarsi all'arte diventando artista free-lance. Cosa l'abbia spinto ad abbandonare la sua formazione universitaria storico-filosofica per seguire la sua vocazione per l'arte ed abbracciare appieno la vita affascinante ma per nulla semplice dell'Artista, non è dato saperlo. Ma attenzione: quando parlo di Artista non faccio riferimento a quella crocchia affollata di pittori che per far soldi si accontentano di dipingere paesaggi ameni o di realizzare ritratti per belle signore impellicciate. Quando parlo di Sheludyakov intendo un Artista con la A maiuscola, ovvero colui che cerca di scoprire cosa c'è al di là dell'apparenza, che va oltre le facciate e che scava nelle emozioni delle persone. Non credete sia cosa facile rinunciare alla tentazione di far "cose belle" con l'unico scopo che possano piacere a potenziali compratori. 
Sheludyakov dipinge e crea senza porsi il problema di chi possa apprezzare il suo lavoro. Tutte le sue opere sono estremamente intime, frutto della sua poliedricità e del sua carattere. Le linee decise dei corpi nudi che ritrae li fanno apparire pieni di energia e di passione, i colori delle scene di alcune sue tele sono aggressivi e riflettono la durezza e crudeltà di un mondo interiore mentre l'atmosfera dei paesaggi è incantata e a tratti malinconica
Sheludyakov è sicuramente un artista alla continua ricerca di quel qualcosa che fino ad ora si è sempre rivelato inafferrabile e mutevole. Per questo motivo rincorre nuovi orizzonti, scopre nuove ritmiche, utilizza nuovi materiali e avanza contrasti mai banali. L'artista non ha mai ceduto all'idea di trincerarsi nella sua nicchia stilistica dove avrebbe potuto restare in silenzio a replicare la sua arte per anni e anni; al conrario, lui ha sempre voluto osare, supportato dalla sua abilità nel dipingere e nell'utilizzo del colore, nella ricerca del modo migliore per esprimere la sua personalità. Già oggi possiamo, senza alcuna presunzione di arroganza, affermare con certezza che Sheludyakov è un grande artista che lascerà la propria traccia nel mondo dell'Arte.
Al suo attivo ha 30 esposizioni personali e la partecipazione a 25 mostre collettive tenutesi in dieci Stati: Russia, Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Grecia, Slovenia, Malta, Olanda. 
Oggi le sue opere si possono ammirare nelle collezioni del "Novosibirsk Art Museum", alla "The House of Scientists", alla "Siberian branch of Russian Academy of Sciences" e hanno trovato posto in numerose collezioni sia private che pubbliche in tutto il mondo. Sheludyakov dal 2001 è membro dell'"International Federation of Artists and National Creative Union of Russian Artists".

Esposizioni personali e collettive dal 1991 al 2011:
2011
- "Snowfall in Venice" mostra personale, House of Scientists of Siberian branch of Russian Academy of Sciences. Novosibirsk, Russia
2010
- "Other shores"
mostra personale,  House of Scientists of Siberian branch of Russian Academy of Sciences. Novosibirsk, Russia
2009
- "La nuit azurienne"
mostra personale. Beaulieu-sur-mer, France
- "Atelier & Kunsttreff 26"
mostra personale. Wurzburg, Germany
2008
- "Le Petit Atelier"
mostra personale. Washington, DC, USA
- "Kunst und Rahmen",
mostra personale. Eppendorfer Weg 77, Hamburg, Germany
- "Landscape with two unknown persons"
mostra personale, House of Scientists of Siberian branch of Russian Academy of Sciences. Novosibirsk, Russia
- "EE Fine Art" mostra collettiva di 3 artisti russi, Cambridge, UK
2007
- "Vernal Twilight" 
mostra personale. Galerie du Presbytere, Berre-les-Alpes, France.
- "La Dame d'Amsterdam"
mostra personale, "ARTACASA" art gallery, Amsterdam, Holland
2006
- "Atelier & Kunsttreff 26"
mostra personale, Wurzburg, Germany
- Partecipazione auna mostra collettiva di artisti paesaggisti di Nizza, Nice, France
2005
- "Atelier & Kunsttreff 26"
mostra personale, Wurzburg, Germany
- "Procession of Twins"
mostra personale, "Chernoff" art gallery, Novosibirsk, Russia
- "Siberian Diary"
mostra personale, "ARTACASA" art gallery, Amsterdam, Holland
2004
- "Fishes and birds"
mostra personale, "Tea drawings" in German General Konsulat. Novosibirsk, Russia
2003
- Mostra collettiva di ritrattisti russi, Novosibirsk Picture Gallery.
-  "Sport in art" concorso, vincitore, Novosibirsk, Russia
- "Guten TAK!" mostra collettiva, Novosibirsk State Phylarmony
- "La Contea di Bormio", mostra collettiva di artisti internazionali, terzo premio, Bormio, Italy.
- Carnevale dell'arte contemporanea "Fly!", Novosibirsk, Russia
- "Glass studio"
mostra personale, Eppendorfer Weg 77, Hamburg, Germany
2002
- "Modern" gallery,
mostra personale, Novosibirsk, Russia
-
mostra personale alla "House of Scientists of Siberian branch of Russian Academy of Sciences", Novosibirsk, Russia
-
mostra personale alla "General Konsulat of Germany",  Novosibirsk, Russia
2001
- "The artists of Akademgorodok", mostra collettiva, Novosibirsk Picture Gallery
- "Red Horse" art group, mostra collettiva, Krasnoobsk, Russia
- "Hall of the Artist's Union", esposizione di grafiche e arte teatrale, Novosibirsk, Russia
- "JeanPaul Guesthouse",
mostra personale, Buggiba, Malta
2000
- "Hall of the Artist's Union", mostra collettiva, Novosibirsk, Russia
- "Alkatraz" gallery, mostra collettiva, Ljubljana, Slovenia
- "Novosibirsk Fine Arts and Architectural Academy" group exhibition. Novosibirsk, Russia
- "Le'Vall" gallery,
mostra personale, Novosibirsk, Russia
1999
- March-August - 5 mostre personali sull'isola di Creta (Iraklio-Gazi-Arhanes-Rethimno-Iraklio), Greece
- "Nudes" mostra collettiva alla "Hall of the Artists Union", Novosibirsk, Russia
- "House of Scientists of Siberian branch of Russian Academy of Sciences" mostra personale, Novosibirsk, Russia
- "Globe" theatre, mostra personale, Novosibirsk, Russia
1998
- "Hall of the Artist's Union", mostra collettiva di giovani artisti, Novosibirsk, Russia
- "Oh women!", mostra collettiva, Novosibirsk Picture Gallery
- "State Library", mostra personale, Berdsk, Russia
- "Museum of Novosibirsk State University", mostra personale, Novosibirsk, Russia
- "The artists of Akademgorodok", mostra collettiva alla "House of Scientists of Siberian branch of Russian Academy of Sciences", Novosibirsk, Russia
- "The Day of the Fish", "Black widow" gallery, mostra personale, Novosibirsk, Russia
1997
- "Black widow" gallery, mosytra personale, Novosibirsk, Russia
- "120 nude drawings" in the "Black widow" gallery, mostra personale, Novosibirsk, Russia
1996
- "The Tube to S.-Peterburg", mostra collettiva, Krasnoobsk, Russia
- "Young artists" alla "Novosibirsk State Public Library", mostra collettiva, Novosibirsk, Russia
- "Green pyramid" gallery, mostra collettiva annuale di artisti siberiani, Novosibirsk, Russia
1995
- "888" gallery, mostra personale, Novosibirsk, Russia
- "Green pyramid" gallery, mostra collettiva di artisti siberiani, Novosibirsk, Russia
- "Van-Gogh one, Van-Gogh two" alla "Novosibirsk Fine Arts and Architectural Academy"
- Mostra collettiva "Young Novosibirsk's artists" al "Globe" theatre, Novosibirsk, Russia
1994
- "Novosibirsk Fine Arts and Architectural Academy", mostra personale, Novosibirsk, Russia
- "Old Testament" alla "House of Scientists of Siberian branch of Russian Academy of Sciences", mostra personale di illustrazione, Novosibirsk, Russia
1993
- "House of Scientists of Siberian branch of Russian" presso la "Academy of Sciences", mostra personale, Novosibirsk, Russia
1991
- "House of Scientists of Siberian branch of Russian" presso la "Academy of Sciences", mostra personale, Novosibirsk, Russia